Mai dare del tu al cliente.

In una relazione professionale nella quale si fornisce un servizio sotto forma di prestazione d'opera intellettuale (consulenza), il cliente non è un amico, ma un cliente.

Alcune regole formali vanno quindi rispettate per strutturare e rendere la relazione professionale autorevole e non farla scadere a un colloquio tra amici.

Regola fondamentale: mai dare del tu al cliente. Se si vuole riconoscere immediatamente il ciarlatano è sufficiente osservare se adotta la seconda persona singolare nel colloquio con il paziente o il cliente. Tutti i ciarlatani alla ribalta delle cronache per la loro discussa e discutibile attività professionale danno del tu ai loro pazienti o clienti. E' un dato più che sufficiente per andarsene subito dallo studio.

L'ambito della consulenza professionale va distinto da quello della vita quotidiana: qui non c'è un rapporto paritario per definizione, perchè uno degli interlocutori chiede aiuto e l'altro deve fornirglielo:  comprensione, empatia, ascolto, attenzione non sono sufficienti, perché occorre anche competenza e professionalità, fondate su dati oggettivi, non affettivi.

Impostare la relazione di aiuto in forma amichevole, dandosi del tu tra estranei, significa che il consulente, il terapeuta, l'operatore, non essendo in grado di impostarla sul piano dei fatti, è costretto a impostarla su quello del rapporto puramente amichevole. Se si usa del tu significa che si sa offrire solo comprensione, simpatia,  ascolto, ma come farebbe un amico, ossia una persona che può dare conforto, ma non ha le competenze per fornire anche soluzioni. E sono le soluzioni quelle di cui ha bisogno il cliente, più che una chiacchierata amichevole.  

Se vi rivolgete a un medico, un counselor, un terapeuta di qualsiasi indirizzo e per qualsiasi scopo professionale, e questo si rivolge a voi dandovi del tu, avete individuato, sempre, un ciarlatano, un imbonitore, o comunque una persona con la quale, se lo ritenete opportuno, si può condividere una posizione ideologica forte e precisa, ma dal quale non ci si può aspettare un serio servizio di consulenza o di terapia professionale.   

In un mondo come quello del counseling ( spesso impostato come pratica psicoterapeutica abusiva) o quello delle medicine alternative e della naturopatia, esiste una massa sterminata di persone che non sanno neppure che cosa dicono, perchè si limitano a ripetere poche banalità suggestive che sono state loro insegnate da altri imbonitori. Queste persone cercano di mascherare e nascondere la loro incompetenza e i loro deficit cognitivi, culturali e professionali sotto una veste informale e amichevole, magari condividendo  gli stessi o simili problemi di quelli portati alla loro attenzione dal cliente, o facendolo sentire un amico che può sfogarsi con un suo pari.

Se la relazione d'aiuto è impostata sul livello affettivo ed emotivo della finta empatia, significa che questa persona non è in grado di fornire una consulenza professionale competente basata su razionalità e dati oggettivi, limitandosi a cercare di giustificare il proprio operato tramite la  sola offerta di semplice conforto e calore umano. Il professionista sa fornirli insieme a una consulenza seria e professionale.