Si propone, quindi, un esercizio di puro e semplice ragionamento logico per spiegare l’assurdità dell’ipotesi dell’esistenza dei punti dell’agopuntura. 

Un punto, secondo la geometria, scienza non contestata neppure dalla cultura cinese, non ha dimensione, per definizione, nel senso che è un simbolo che rimanda ad altro significato. Il fatto è che i punti dell’agopuntura non sono considerati come simboli dagli agopuntori, ma come reali e concrete zone molto delimitate della superficie cutanea. Talmente precisamente delimitate da essere collocati su mappe di riferimento.

Ora, tutta la fragile impalcatura su cui si regge la leggenda dell’agopuntura poggia, in realtà, su assiomi e dogmi improponibili perché totalmente privi di senso e di fondamento logico, oltre che scientifico: la collocazione e la dimensione dei punti.

Quanto alla prima, a prescindere dal fatto che le mappe cinesi non sono certo atlanti anatomici come quelli in uso presso le facoltà di medicina, ma elaborazioni artistiche e devozionali, si osservi come la collocazione dei punti varia a seconda delle scuole di agopuntura. Ma a parte questo dato, che da solo renderebbe inutile e ridicolo il suo utilizzo clinico, si osservi come essi siano e restino invisibili, per cui mancano i riferimenti oggettivi per poter dichiarare, in maniera verificabile, di aver collocato l’ago proprio sul punto su cui si voleva agire. 

E qui interviene il secondo elemento, ossia le sue dimensioni. Quali sono? variano a seconda dei punti, o sono sempre le stesse? Il dato, ancora oggi misterioso, è di fondamentale importanza, perché è la medicina cinese stessa a riconoscere come, perché la cura abbia effetto, è assolutamente necessario che gli aghi siano collocati all’interno, e non all’esterno o nelle vicinanze di questi punti. 


In altri termini, se si afferma che essi hanno solo un valore simbolico e non terapeutico, allora è plausibile collocare gli aghi in posizioni solo approssimativamente simili a quelle descritte nelle mappe: un centimetro a destra o a sinistra non cambierebbe nulla. Ma se si afferma che l’efficacia dell’agopuntura su alcune patologie sia dovuta all’infissione di un preciso numero di aghi in precisi punti del corpo, allora anche un bambino pretenderebbe di sapere quali siano i criteri e i dati certi che permettano di sapere con certezza se l’ago è stato collocato nel punto giusto o meno.

Eppure, non esiste e non è mai stato elaborato nessun accorgimento o dimostrazione verificabile del fatto che  gli aghi siano collocati davvero in posizione corretta, se non affidandosi ciecamente alla competenza dell’agopuntore. Quindi, si tratta di arte magica e non terapeutica in senso scientifico, in quanto fondata solo sulla fede. Si rifletta attentamente, perché il fatto che per millenni la medicina cinese non si sia neppure posta queste semplici domande significa che l’intera costruzione di tipo medico-terapeutico su cui si fonda l’ipotesi dell’agopuntura è da collocare nella dimensione magica, spirituale o filosofica, senza alcun appiglio con la realtà. 

Quindi, in conclusione, è evidente che l’agopuntura si caratterizza per una forma molto originale e suggestiva di rituale terapeutico primitivo, fondato sul pensiero magico, il quale, tuttavia non è di nessuna utilità ai fini terapeutici in senso scientifico. Il suo significato, in termini psicosomatici, è quindi quello di un placebo  che agisce su persone suggestionabili e in forza di un rituale particolarmente elaborato e suggestivo. I suoi effetti, sempre sul piano psicosomatico, saranno sempre controproducenti. Prima di tutto, perché cessato l’effetto placebo, l’ingenuo o sprovveduto paziente si ritrova non solo nella stessa situazione di prima, ma ad aver ritardato cure serie ed efficaci (e il sospetto di essere stato ingannato e illuso da qualche medico alternativo poco serio e diversamente intelligente). 

In secondo luogo, perché il principio magico su cui si fonda il processo terapeutico esclude totalmente la conoscenza, la consapevolezza e il rispetto per la dignità del paziente, il quale viene ridotto al ruolo di una superficie su cui scorrono energie non meglio identificate, negando le sue qualità umane e illudendolo circa il fatto che questo rituale richiamerebbe forze soprannaturali che agirebbero al posto suo ai fini della guarigione.