Fin dall'invenzione della naturopatia commerciale, intorno agli anni '80 dello scorso secolo, i sedicenti naturopati, forti solo della loro povertà culturale specifica in materia scientifica, si sono attrezzati piuttosto dilettantisticamente per accreditarsi presso il pubblico dei consumatori più sprovveduti come esperti di nutrizione e prescrittori di diete. Inutile ribadire che la loro attività configura, anche in questo senso, un preciso reato, cioè quello di abuso della professione medica. 

L'aspetto positivo della questione è che i naturopati, nella stragrande maggioranza, adepti di Riza o di scuole improvvisate, non sono mai riusciti a diventare una categoria professionale dai contorni e dalle competenze definite, per cui, pur operando in clandestinità e abusivismo, sono talmente pochi, e così pittoreschi nella loro ingenuità di paramedici guaritori, da suscitare soltanto tenerezza e compassione. 

Tutt'altro discorso vale per i biologi. A questo punto si rende necessaria una premessa.

Unipsi è una associazione culturale senza scopo di lucro, che eroga, insieme a corsi professionali avanzati, corsi di naturopatia tradizionale totalmente gratuiti per i suoi soci.  In quanto associazione culturale senza scopo di lucro essa non ha alcun interesse personale, economico o ideologico a promuovere o a criticare  l’attività di qualsivoglia categoria professionale, nel caso specifico quella dei biologi  sedicenti nutrizionisti.  

Essa reclama soltanto il suo diritto di esprimere una opinione argomentata  circa quello che considera una squallida operazione fondamentalmente commerciale portata avanti da una categoria professionale, quella dei biologi nutrizionisti, che si dovrebbe occupare di ben altro che della formulazione e somministrazione di diete in sostituzione dei medici abilitati.  Tutto ciò  in coerenza con il suo scopo statutario che è quello della diffusione di conoscenza e di una coscienza in materia di scienze della salute, e non della malattia,  scopo che ci induce necessariamente e in piena coscienza a denunciare lo svolgimento di attività professionali che danneggiano i cittadini per evidente mancanza di competenza da parte di chi le svolge.
Non occorre nient’altro che il buon senso per comprendere che i biologi nutrizionisti non sono istruiti nè formati per porsi nell’ambito della relazione terapeutica nei confronti delle persone, così come il medico,  e che la sua competenza, ovviamente, riguarda la biologia, che è una parte soltanto della medicina.

 Inoltre, sempre usando semplicemente il buon senso, si evince proprio dal testo della legge che i sedicenti biologi nutrizionisti invocano a difesa dei loro pretesi diritti di somministrare diete, che “l’attività di valutazione dei bisogni energetici e nutritivi degli uomini, degli animali e delle piante” (formulazione che non autorizza ad attribuire ad essi quanto affermano), se consente ad essi di formulare diete nei confronti degli esseri umani, dovrebbe anche consentire loro di sostituirsi, oltre che ai medici, anche ai veterinari e agli agronomi,  rendendo fondamentalmente inutile, quindi, l’esistenza di queste categorie professionali.

Poiché l’interesse - più economico che professionale - dei sedicenti biologi nutrizionisti resta, a nostro parere, la motivazione fondamentale che li induce a diffondere la falsa, ingannevole e potenzialmente nociva idea della loro competenza nella prescrizione di diete, è a quanto pare un interesse particolarmente sentito all’interno della categoria, invitiamo i nostri lettori confusi da queste contrastanti opinioni a prendere perlomeno in considerazione il fatto che una categoria professionale che difenda quelle che ritiene essere sue prerogative o che accampa diritti e competenze non è il soggetto più adatto per valutare con obiettività la situazione, e che una associazione culturale senza scopo di lucro non ha alcun motivo, se non quello della ricerca della verità dei fatti, di criticare e denunciare tale comportamento.

Da alcuni anni si sta diffondendo, ad opera di alcuni sedicenti biologi nutrizionisti, l’idea che essi siano stati in qualche modo “parificati” ai medici nella possibilità di prescrivere diete alimentari, intervenendo così direttamente sul metabolismo delle persone. 

La qualifica di “nutrizionista” è una pura e semplice invenzione dei biologi, in quanto, nonostante tale denominazione apposta dopo quella di biologo possa trarre in inganno, essa non è riconosciuta o conferita a seguito di uno specifico percorso accademico e formativo disciplinato da nessuna legge dello Stato, ma solo per effetto del superamento di un esame specifico all’interno del normale corso di studi universitari. 

Di qui a interpretare una legge del 24-5-1967, la n° 396, come abilitante l’esercizio dell’attività di prescrizione di diete per la categoria dei laureati in biologia, è francamente una operazione che, per usare un eufemismo, lascia molto perplessi. Infatti, l’unico riferimento legislativo a conferma di tale interpretazione viene dalla lettura dell’art.3 della legge in questione, il quale, elencando le attività che formano oggetto della professione di biologo, cita, tra le tante, anche quella di “valutazione dei bisogni nutritivi ed energetici dell’uomo, degli animali e delle piante”. Un po’ poco, ci sembra, per affermare che con queste poche parole all’interno di un articolo di una legge di oltre quarant’anni fa, si sia derogato al principio fondamentale secondo cui la cura della salute, con qualsiasi mezzo o sistema di cura, è attività di esclusiva competenza medica.

E infatti, si osservi che l’articolo in questione non fa riferimento, come vorrebbero i biologi nutrizionisti, all’attività di preparazione e di somministrazione di diete, ma solo (ed è ben diverso) alla “valutazione dei bisogni energetici e nutritivi dell’uomo”. Si consideri con attenzione l’enorme differenza che corre tra una attività di valutazione, che, secondo la lettura dell’articolo in questione, si limita appunto a una valutazione, e quella della predisposizione di un programma dietetico che deve necessariamente essere preceduta da una attività diagnostica (riservata al medico) per personalizzare la medesima, e seguita da una attività di monitoraggio successivo, che presuppone una competenza clinica che il biologo non possiede. Se valutazione fosse sinonimo di “predisposizione e somministrazione autonoma di indicazioni che vanno ad influire sul metabolismo del paziente”, come vorrebbero i biologi, allora dovremmo riconoscere la stessa autonoma competenza, per esempio, anche allo psicologo che, per legge, è abilitato alla somministrazione e valutazione dei risultati di test psicologici in pazienti affetti da malattie degenerative. Cosa che, naturalmente, non è neppure da prendere in considerazione dal momento che una cosa è la valutazione, e ben altra cosa è l’intervento terapeutico sul paziente.
Si consideri, infatti, che la dieta alimentare è una forma di terapia a tutti gli effetti, quando essa è rivolta a correggere e modificare il metabolismo della persona, influendo sulla sua fisiologia e quindi sulla sua condizione di salute (perché, che piaccia o no, di questo si tratta).  In ogni caso, la somministrazione di una dieta significa, per quanto ci si possa arrampicare sugli specchi per negarlo, la prescrizione di un programma di adattamento dell'alimentazione allo stato di salute individuale, cioè tenendo conto di aspetti legati alla fisiologia e alla patologia del singolo paziente, agli scopi che la dieta si propone di conseguire, alle possibili complicanze, controindicazioni o effetti collaterali sullo stato di salute psicofisico che possono derivare da essa. 

Comunque si voglia interpretare la legge, è evidente che la personalizzazione di una dieta è competenza esclusiva del medico. Quello cui la ormai antica legge cui amano riferirsi i biologi "nutrizionisti" indicava, era un'altro tipo di competenza: quella che, prescindendo dalla valutazione delle condizioni di salute del paziente, si limita a definire quale apporto calorico o di singoli nutrienti  sia consigliato per soggetti appartenenti a categorie generiche (gli anziani, i bambini di un asilo, gli sportivi e così via) e non certamente quella da prescrivere a una persona che , come avviene di solito, voglia o debba perdere peso per motivi di salute. 

La dieta, inoltre, con buona pace dei biologi, non può più essere concepita come il semplice elenco di alimenti da assumere secondo certi orari e quantità. Oggi una qualsiasi dieta seria non può prescindere da prescrizioni che riguardano, con eguale se non maggiore importanza, abitudini di vita e una corretta attività fisica, da personalizzare secondo la caratteristiche dello stato di salute del singolo paziente, attraverso valutazioni che il biologo non è in grado di effettuare, a differenza del medico.

Altra cosa è, come da anni sosteniamo, l'attività di consulenza professionale, la quale si limita a fornire informazioni relativamente alle linee guida del corretto comportamento alimentare, lecita e potenzialmente praticabile da chiunque, in quanto non destinata alla prescrizione di un programma dietetico personalizzato (si vedano in proposito le due sentenze della Corte di Cassazione che hanno escluso dall’attività medica “la consulenza nutrizionale in un centro di rieducazione alimentare” Cass. Se.VI 20 giugno-6settembre 2007, a conferma aggiornata delal Sentenza 34200, Sez.VI, 30 luglio 2001, n. 29961).
Non depone certo a favore della serietà professionale della categoria la reazione di panico che sembra cogliere i sedicenti biologi nutrizionisti a seguito di pronunce della Corte di Cassazione, alle quali non sanno far altro che opporre pareri o pronunce giurisprudenziali (o addirittura del Ministero della salute) di orientamento diverso. Se i biologi "nutrizionisti" non fossero mossi principalmente dai loro interessi personali e di categoria, si renderebbero conto che il problema che li riguarda non si risolve cercando, con mentalità confirmatoria poco scientifica, una conferma alle loro opinioni, ma chiedendosi seriamente quanto siano fondate le opinioni contrarie. Far finta che la classe medica, ma anche che chi, come noi, si occupa di cura della salute e del benessere, considera la somministrazione di diete personalizzate un atto medico che non deve competere a un biologo, sia solo portatore di una opinione contro la quale schierarsi compatti, testimonia, a nostro parere, una scarsa coscienza professionale e civile. 

E' proprio la coscienza del biologo che dovrebbe suggerirgli di limitarsi a svolgere le attività che gli competono, e che non hanno mai riguardato la cura diretta della salute delle persone, e non è andando alla ricerca di conferme che li autorizzino a continuare a svolgere una attività di evidente competenza medica che i biologi acquisteranno la fiducia dei cittadini. Non comprendere, contro il parere, tra l'altro, di tutta la classe medica, che la somministrazione di diete richiede una conoscenza e una competenza medica che il biologo non possiede, significa anche rivelare una profonda ignoranza epistemologica, riducendo la battaglia dei biologi nutrizionisti a una squallida contesa con la ben più potente e accreditata classe medica per la difesa di interessi di categoria, e non certo di quelli dei cittadini a pretendere una cura competente e di eccellenza. 

Perchè, sia chiaro, anche i biologi "nutrizionisti" si rendono perfettamente conto che qualunque cittadino preferirebbe che la dieta fosse predisposta da un medico con specializzazione in Scienza dell'alimentazione, piuttosto che di un biologo che si qualifica come nutrizionista senza aver seguito alcuna Scuola di specializzazione, nè avendo effettuato un tirocinio specifico.
Si consideri anche che, da alcuni anni, l’attività di supporto dietetico nelle cure mediche è svolta da un’altra specifica categoria, quella dei dietisti, appositamente formati proprio per effettuare questa valutazione, sotto la direzione e il controllo del medico. Che i biologi nutrizionisti, invece, godano di una autonomia che si sono essi stessi riconosciuta, ci sembra un modo per scivolare maldestramente tra le larghe e confuse maglie della legge.
La legge parla di “uomo”, con formula volutamente generica, e parla di “valutazione” in senso generico, la quale non ha nulla a che fare con l’attività di somministrazione delle diete. Si consideri, infatti, che l’Ordine dei biologi, dal sito http://www.onb.it/ordine_faq_elenco.jsp?idcat=8, proprio per evitare una corretta interpretazione della legge in questione, omette, nel perorare legittimamente la causa dei suoi associati, di citare integralmente il testo dell’articolo 3, il quale recita testualmente “valutazione dei bisogni nutritivi ed energetici dell’uomo, degli animali e delle piante”. 

Come è evidente, lo spirito della legge non si riferiva certo a una attività di valutazione di tipo medico, personalizzata, che presuppone, in quanto tale, una diagnosi medica, ma solo una valutazione teorica e senza alcuna finalità e caratteristica “clinica”, tant’è vero che essa è accomunata a quella che il biologo può svolgere persino nei confronti delle piante.
Perché chiunque riconosce che una cosa è la valutazione di alcuni parametri biologici, come il peso, la ripartizione tra massa grassa e magra, il metabolismo basale, o la valutazione del contenuto calorico e nutrizionale degli alimenti, attività che, come molte altre categorie, possono svolgere i biologi nutrizionisti, e ben altra cosa è la valutazione dello stato di salute del soggetto, necessaria per intervenire dieteticamente, e di competenza esclusivamente medica.
In altre parole, l’attività di valutazione dei biologi nutrizionisti, secondo quanto recita l’articolo di legge in questione, è chiaramente una attività di supporto a quella medica, proprio perché si ferma a una valutazione di tipo “tecnico-scientifico” e non certo clinico.
Si consideri, usando solo il buon senso, che, dal momento che la dieta incide direttamente sul metabolismo delle persone, la sua prescrizione implica necessariamente non una “valutazione dei bisogni nutritivi ed energetici dell’uomo, degli animali e delle piante”, ma la ben più delicata diagnosi delle condizioni di salute della persona cui andrà prescritta, diagnosi che si rende necessaria per “personalizzare” la dieta stessa, tenendo sempre conto della specifica condizione di salute del paziente, la sua anamnesi, le cure farmacologiche, mediche o chirurgiche cui è stato o è sottoposto, eventuali possibili controindicazioni e ripercussioni della dieta rispetto alle cure passate, presenti e future.
Tutto, ciò, è evidente, è attività di esclusiva competenza medica  la quale, si è svolta dai biologi nutrizionisti, costituisce reato di abuso della professione medica. Perché delle due l’una: o si sostiene e si riconosce che la dieta non può mai andare a incidere sullo stato di salute o di malattia della persona, e allora essa può essere prescritta da chiunque, compresi panificatori e ristoratori, oppure essa è un atto medico, e come tale escluso dalle competenze del biologo.
A sostegno della loro interpretazione di comodo, i biologi nutrizionisti non potrebbero neppure appellarsi a un qualche titolo che riconosca una specifica competenza in proposito, dal momento che, per loro stessa ammissione, “la specializzazione in Scienze della alimentazione, conseguita dopo la laurea, è un titolo culturale, infatti consente di svolgere la professione con più competenze”, ma non è obbligatorio per potersi qualificare “nutrizionisti”.
In conclusione, l’attività di valutazione non ha nulla a che fare, anche sotto il profilo strettamente semantico, con quella della prescrizione di diete personalizzate a persone, in quanto essa consiste in una attività altamente professionale, la quale non è e non deve essere condizionata dalla condizione di salute del paziente, in quanto, se così fosse, presupporrebbe il necessario riferimento a una diagnosi che il biologo non può assolutamente formulare. Si consideri, inoltre, che una dieta presuppone anche una modificazione del metabolismo, con possibile interferenza con cure farmacologiche, per esempio, la quale si protrae nel tempo e richiede un monitoraggio dello stato di salute del soggetto che solo un medico è autorizzato a compiere e valutare. Niente esclude che un medico possa affidare ai biologi nutrizionisti la “valutazione” del fabbisogno nutritivo ed energetico” del suo paziente, ma a seguito di tale valutazione spetta al medico la prescrizione della dieta, dopo aver valutato la condizione di salute del paziente.
La nostra opinione è che lo spirito della legge si riferiva, in maniera piuttosto evidente, a una attività tipicamente di ricerca scientifica e non certo clinica (se non in questo caso, sotto lo scontato controllo del medico), e che il biologo possa legittimamente indicare quale sia la dieta più corretta per l’uomo intesa in senso generico e non clinico, quale può essere la dieta “ideale” per perdere peso, magari differenziata a seconda che essa sia seguita in inverno o in estate, o quale sia il fabbisogno calorico e nutrizionale di intere categorie di persone (i bambini della scuola materna, rispetto agli anziani o agli sportivi in genere).
Insomma, se i biologi nutrizionisti vogliono tutelare gli interessi della loro categoria sostenendo l’opinione che, pur in mancanza di titolo di laurea in medicina  e di specializzazione in Scienza dell’alimentazione, essi possono legittimamente invadere l’ambito di competenza del medico e del dietista, configurando una attività tipicamente diagnostica e terapeutica, sono liberi di farlo. Ma sostenere che tale possibilità sia ad essi conferita addirittura da una legge dello Stato, questo ci sembra francamente falso e denota un atteggiamento molto discutibile e lesivo dell’interesse di ogni cittadino a ricevere cure adeguate che siano somministrate solo da personale competente e abilitato dalla legge.
In conclusione, riteniamo (o meglio, la legge, incontestabilmente dispone) che i biologi, nutrizionisti o meno, possano formulare, non prescrivere, diete solo se sotto il controllo del medico, e cioè non autonomamente, come libero professionista. Ma allora, se il biologo vuole operare come libero professionista, o lo fa alle dipendenze, sotto il controllo e la responsabilità di un medico, oppure egli può legittimamente operare, ma solo come consulente, non come prescrittore di diete e di rimedi che, se non hanno la denominazione di farmaci, con questi ultimi condividono pienamente le finalità allopatiche. L'attività di consulenza, così come la nostra Università Popolare propone da anni, è una attività professionale di alta qualificazione che non implica alcuna invasione del campo di attività della medicina, e fornisce un aiuto competente serio, di tipo informativo  e non prescrittivo, ai problemi di salute delle persone. Perché i biologi nutrizionisti non lo prendono in considerazione?
Perché, invece che dare alle loro indubbie competenze in materia l'arricchimento della conoscenza del counseling, essi preferiscono restare a coltivare il loro orticello biochimico, limitandosi a ripetere per tutta la vita quello che hanno studiato all'Università? Pigrizia, poca voglia di rimettersi in gioco, comodità di seguire strade già battute, facilità e remuneratività nella prescrizione di diete per il dimagrimento, mancanza di basi culturali e di apertura mentale verso un concetto di dieta più ampio di quello biomedico?
Il problema che poniamo ai biologi nutrizionisti, e che ci stupisce molto che non si pongano loro per primi, è un problema di responsabilità morale, professionale, e anche penale: non importa quanto il biologo conosca la materia della scienza dell'alimentazione e che sappia preparare diete meglio di un medico: il fatto è che la legge impone che l'azione diretta sul metabolismo sia di responsabilità del medico, perché questa figura professionale è l'unica che si assume la responsabilità della salute del paziente. E' il medico, non il biologo, che prima di prescrivere diete o integratori deve accertarsi delle condizioni di salute del paziente, delle patologie pregresse o in atto, delle cure cui è sottoposto, dei farmaci che assume e delle possibili complicazioni. E' il medico, e non il biologo, che deve assumersi la responsabilità di intervenire clinicamente sul paziente nel caso che la dieta produca qualche effetto indesiderato, o modifichi l'assorbimento o l'azione dei farmaci che il paziente sta assumendo, o causi qualunque tipo di complicazione o di disagio.
Troppo comodo limitarsi a prescrivere diete lasciando al medico la responsabilità di verificare la loro compatibilità con le cure cui il paziente sia sottoposto, o le possibili interazioni con farmaci. Per fare un solo esempio banale, se il biologo prescrive un rimedio a base di alghe per attivare il metabolismo e la funzione tiroidea, egli sta compiendo un atto medico, per il quale la legge non gli attribuisce responsabilità né competenza. Tant'è vero che se il paziente manifestasse qualche disturbo, è il medico che deve assumersi la responsabilità di valutare e riparare il danno, mentre il biologo può continuare a prescrivere diete ad altri.Per finire, siamo costretti a un ultima, scoraggiante considerazione: dopo decenni di dibattito e diffusione di una coscienza della salute intesa finalmente in senso biopsicosociale, ecco che i biologi nutrizionisti, attribuendosi la qualifica di nutrizionisti, combattono una battaglia di retroguardia per ritagliarsi uno spazio non nella cura della persona, ma in quella del sovrappeso, campo di applicazione più facile e redditizio. La dieta è da essi ancora concepita come  è per i dietisti, e cioè una somma algebrica di calorie, nutrienti, grammi e posologie senza alcuna considerazione per tutto l'universo che circonda il paziente, a cominciare dalla sua vita psicologica, affettiva, sociale. Questi sono gli aspetti che interessano i consulenti della salute, i quali non hanno nessuna intenzione di invadere l'ambito di competenza di altre categorie e ritengono di poter fornire, sotto forma di consulenza e non di prescrizione, un fondamentale contributo alla salute dei cittadini. I biologi nutrizionisti, invece, vogliono limitarsi alla cura del metabolismo prescindendo dalla cura della persona, con ciò configurando il reato di esercizio abusivo della professione medica, e non prendono in considerazione l'unica strada seria che darebbe alle loro indubbie e apprezzabili competenze un nuovo sbocco professionale, al di fuori dell'ambito sanitario: quello della consulenza della salute. Probabilmente, però, come per i medici, la loro formazione impedisce loro di prendere in considerazione fenomeni diversi dal Ciclo di Krebs e dagli elenchi di componenti nutrizionali dei vari alimenti, o i processi enzimatici e metabolici in genere. il fatto che la persona cui vogliono prescrivere una dieta abbia bisogno di ben altro che una serie di prescrizioni di natura biochimica, purtroppo, è un pensiero che essi sembrano rifiutare.
Peccato. Ci consola il fatto che alcuni biologi nutrizionisti, fortunatamente, si siano resi conto di come la loro professione non possa limitarsi a riprodurre quella di medici e dietisti, ma debba e possa evolvere nella cura della persona, intesa in senso biopsicosociale. Non ci interessa, naturalmente, pubblicizzare i nostri corsi, anche perché la nostra Università Popolare vuole mantenere dimensioni umane e intrattenere un rapporto umano e professionale con pochi allievi motivati, per cui i pochi biologi nutrizionisti che frequentano i nostri corsi soddisfano appieno le nostre esigenze didattiche e di gratificazione professionale. Peccato, ripetiamo, che gli altri biologi nutrizionisti abbiano preferito la via più facile e economicamente redditizia di ingrossare le fila di coloro che concepiscono la cura della persona come semplice prescrizione biochimica. Forse un pizzico di umiltà, di consapevolezza dei propri limiti e della responsabilità che impone il prendersi cura di una persona, e non del suo metabolismo, può condurre i migliori di loro ad avvicinarsi allo studio e alla formazione in materia di counseling della salute, anziché spingerli in massa a combattere per un riconoscimento legislativo di una loro competenza medica, che non verrà mai, fino a che esisterà la classe medica separata da quella dei biologi.
L'Università Popolare di Scienze della Salute Psicologiche e Sociali (Uni.Psi) opera da molti anni per diffondere una concezione della salute in ottica biospicosociale, con corsi di formazione per counselor in naturopatia (non per naturopati), o con corsi rivolti a tutti, a prezzi popolari, che hanno lo scopo di informare sui principi dell'alimentazione e della nutrizione, e non certo per prescrivere diete o somministrare rimedi naturali.
Per approfondire il tema della salute, si veda il sito: www.naturopatiatorino.org.

Per approfondire la posizione dei medici specialisti in scienza dell'alimentazione circa la caratteristica di "atto medico" della dieta, si veda:http://www.comefmedicinaestetica.it/it/dieta_atto_medico.html